L'intervista

Dottor Rigoni, come ha avuto inizio la sua carriera professionale?

Dopo le scuole dell’obbligo ho frequentato il liceo scientifico al collegio Papio di Ascona dove ho conseguito la maturità federale.
Ho successivamente proseguito gli studi universitari in medicina presso l’università di Zurigo laureandomi nel 1973.
La mia attività professionale come medico ha avuto inizio all’Ospedale Waid dell’omonima città dove mi sono specializzato in chirurgia generale. In seguito ho completato la mia formazione presso l’Ospedale Universitario di Zurigo, dapprima in traumatologia generale, successivamente in chirurgia della mano.
È stata quest’ultima specialità ad affascinarmi sin da subito, vuoi per la specificità della materia e per la complessità dell’organo, vuoi per il fatto che si trattava di una branca specialistica del tutto nuova. Eravamo nella seconda metà degli anni 70 ed il Prof. V. Meyer aveva appena inaugurato un nuovo reparto di chirurgia della mano e microchirurgia delle replantazioni; un lavoro pionieristico.
Attratto come non mai da questa specialità nascente, quando mi fu chiesto di collaborare come capo clinica accettai senza la minima esitazione. Da quel giorno mi sono dedicato completamente alla terapia, in parte medico riabilitativa ma essenzialmente chirurgica, di questo organo perfetto.

Come e quando ha cominciato ad esercitare in Ticino?

Nel 1983 ho deciso di ritornare in Ticino e realizzare un sogno, quello di aprire uno studio medico che mi permettesse di lavorare sul territorio, indipendente dalle strutture complesse dei grandi Ospedali, a diretto contatto con il paziente e soprattutto nella mia terra natale. Ho iniziato nella città di Lugano, come buon auspicio in via Zurigo, praticando quasi esclusivamente chirurgia della mano.
La mia passione per lo sport mi ha sempre fatto trovare dello spazio attivo per essere attivo in traumatologia sportiva, specialmente con l’Hockey Club Lugano. I pazienti che seguivano il mio ambulatorio cittadino, venivano operati principalmente presso la Clinica S. Anna di Sorengo. Avevo inoltre la possibilità di collaborare con gli Ospedali pubblici di Lugano, di Mendrisio, di Bellinzona, con l’Ospedale Malcantonese di Castelrotto e con la Clinica di Grono.
Nel 1987 ho collaborato con la famiglia Sarra allo sviluppo e alla realizzazione della Clinica ARS Medica di Gravesano.
Nel 1995 la Clinica S. Anna fu incorporata nel Gruppo Ospedaliero Salus Medica cosa che mi permise di riprendere una collaborazione antecedentemente interrotta.
Ho potuto più tardi realizzare un secondo sogno, quello di aprire il mio studio privato nella struttura di una Clinica nella quale operavo cosa che mi ha permesso di migliorare la mia qualità di vita e le prestazioni del paziente.

Quindi non ci sono più suore ormai in clinica. Cos’è mutato da quando è cambiata la gestione?

Con le suore la giornata in clinica era più lineare e metodica, legata alla tradizione della vita religiosa e di impronta monastica. Loro erano presenti ovunque: nei reparti, alla ricezione, nelle sale operatorie ed in tutti i servizi. Grandi lavoratrici, parsimoniose, disponibili, meditative e silenziose, un silenzio interrotto dai canti della preghiera che di tanto in tanto si sentivano uscire dalla cappella.
Nel 1995 la gestione è passata al Gruppo Ospedaliero Salus Medica diventando più imprenditoriale, dinamica e professionale sia dal profilo medico che amministrativo.
Ci siamo messi al passo con i tempi, innovazioni tecniche con la nuova radiologia e nuove apparecchiature, innovazioni logistiche con la creazione di nuovi reparti e di un autosilo, contatti con gli enti assicurativi per avere dei contratti adeguati ad una medicina per tutti, collaborazione con i medici fino a raggiungere la creazione di studi medici incorporati nella struttura della clinica.
La Clinica S. Anna di Sorengo, di carattere elitario sin dalla sua fondazione nel periodo prebellico, dagli anni settanta in poi si è progressivamente trasformata in un nosocomio a disposizione di tutti gli ammalati.

Lei è anche direttore Sanitario della Clinica. In cosa consiste questo ruolo?

Il compito del direttore sanitario è plurimo: osservanza delle leggi e applicazioni delle direttive emanate dagli enti responsabili, organizzazione delle misure di medicina sociale preventiva e relativa al personale, elaborazione delle linee guida per ciò che concerne l’aspetto igienico sanitario della Clinica.
Al direttore spetta inoltre il compito di stabilire le linee guida sul modo di gestire casi clinici complessi ed a rischio, seguire e possibilmente risolvere i problemi interdisciplinari, il tutto in collaborazione con il direttore amministrativo Ing. G. Brunello.
Inoltre, e non per ultimo, il direttore sanitario ha la responsabilità di seguire i medici assistenti e curarne il loro percorso formativo.

Lei ha un punto di vista privilegiato sulla clinica. Può fare un’ipotesi sul futuro della struttura ospedaliera della quale fa parte?

Come già accennato prima è stato fatto molto negli ultimi anni a livello di infrastrutture e servizi con l’obbiettivo di mettere a disposizione di tutti i pazienti un’offerta di grande qualità al passo con i tempi.
I prossimi impegni verranno indirizzati a rafforzare alcuni piloni portanti dell’attività medica della Clinica S. Anna, si cercherà cioè di ottimizzare i reparti tradizionali di ginecologia ed ostetricia, di oncologia e di chirurgia della mano.
Nel programma futuro della struttura ospedaliera di S. Anna è prevista la realizzazione di un pronto soccorso specialistico capace di accogliere pazienti ventiquattro ore al giorno.

Veniamo alla sua specialità, la chirurgia della mano.

Attualmente sono l’unico medico che si occupa esclusivamente di chirurgia della mano in Ticino. Alcuni altri colleghi praticano la stessa specialità ma a tempo parziale ed accanto alla loro attività primaria di chirurgia plastica o chirurgia generale. Siamo in pochi poiché si tratta di una disciplina giovane. Mi ricordo ancora come agli inizi della mia carriera chirurgica le operazioni alle mani erano di seconda categoria: si operava alla fine del programma operatorio classico o in sale piccole ed inappropriate. Agli inizi degli anni settanta si è capita l’importanza della mano quale organo essenziale del corpo umano anche se non organo vitale. Sulla spinta della società svizzera di chirurgia della mano, capitanata dal Prof. Verdan e dal Prof. Narakas, è poi nata la specialità riconosciuta dalla FMH nel 1988.

I campi d’attività sono diversi:

- la traumatologia fa la parte del leone: lesioni della pelle, tendini, arterie, nervi, fratture ossee, lussazioni articolare dell’avambraccio e polso e della mano: in questo settore si raggiunge l’apogeo con la rivascolarizzazione e la reimpiantazione.

- le terapie chirurgiche delle degenerazioni dell’apparato locomotore come le artrosi e le artriti: grazie a tecniche particolari possiamo ridare alla mano lesa il funzionamento perso con ricostruzioni tendinee, stabilizzazioni articolari ed endoprotesi (articolazioni artificiali). Una delle patologie più frequenti è l’artrosi della base del pollice detta rizoartrosi (artrosi della radice del pollice), che è causa del dolore invalidante per le giovani pazienti che ne sono affette

- di grande importante è la terapia chirurgica delle infezioni; se curate in maniera inadeguata lasciano delle gravi mutilazioni. Per questo motivo l’intervento chirurgico nella mano infetta necessita una grande conoscenza anatomica ed infeziologica, una buona tecnica ed una grande esperienza.

- da non dimenticare la chirurgia dei tumori che di solito nella mano sono di carattere benigno.

- un altro campo molto vasto della mia attività è la microchirurgia dei nervi periferici, non solo per quel che riguarda la mano ma bensì per quello che riguarda le estremità superiori ed inferiori. La chirurgia dei nervi periferici in Svizzera ed in gran parte dell’Europa, è praticata da chirurghi della mano. Essa consiste nella decompressione di nervi periferici schiacciati e/o nella ricostruzione di quelli recisi.

Quanti pazienti ha attualmente?

Non glielo so dire di precisione, comunque sono molti.
Nel mio schedario ho le cartelle cliniche di circa 30.000 pazienti e pratico una media di più o meno 750 interventi chirurgici l’anno. Questo comporta un grande carico di lavoro con giornate che spesso raggiungono 12 ore lavorative.

Quindi non ha molto tempo libero?

Tutto sommato ne ho abbastanza e lo dedico primariamente a mia moglie Doris ed ai miei due figli, Daniela e Marco.