Rizoartrosi La mano umana con il suo schema pentadattilico, con l'opposizione del pollice alle dita lunghe, con il suo sistema sensitivo e con la sudorazione controllata permette la realizzazione di numerosi tipi di pinza e di presa per sospensione. Questo strumento polivalente ci differenzia dagli arti primati, poiché oltre alla facoltà d'organo d'esecuzione (presa), è anche organo d'informazione (tatto). L'armonia tra le due funzioni più importanti della mano, presa e tatto, ci porta a "vedere" con la pinza tra pollice ed indice: grazie alla spiccata capacità di differenziazione, si riesce a riprodurre le immagini traducendole nel cervello in maniera tridimensionale (gnosi tattile o stereognosi), per esempio possiamo individuare la moneta di due o cinque franchi palpandola nella tasca dei pantaloni. La possibilità di presa della mano viene divisa in due momenti. La presa fine o 'prise', vedi mano destra nella foto sotto e la presa
intenzionale o 'prehancion', vedi mano sinistra nella foto sotto. La Rizoartrosi è la degenerazione dell'articolazione basale del pollice ed il nome deriva dal greco dove " rizo" significa radice. Anatomicamente si tratta dell'articolazione trapezio-metacarpea. Questa è una delle sedi più comuni dove si sviluppa l'artrosi articolare primaria ovverosia la degenerazione articolare data dal troppo o dal mal uso . La malattia si manifesta con dolori nei movimenti di presa del pollice soprattutto se accompagnati da pressione e torsione, come mescere acqua dalla bottiglia, girare una chiave con forza, strizzare uno straccio, togliere un classificatore dallo scaffale, infilare un filo nell'asola di un ago e leggere un libro sdraiati nel letto. In tutti questi movimenti è sollecitata la pinza digitale e con essa la articolazione trapezio-metacarpea che, tendendo a lussare, provoca un forte dolore ed involontariamente il paziente lascia cadere gli oggetti dalla mano. Evoluzione Male in età giovanile I dolori alla base del pollice nei movimenti di presa con forza e torsione tre pollice ed indice possono essere presenti già in età giovanile, prima ancora che vi sia un'artrosi. Il male è provocato dalla lussazione del primo metacarpo sul trapezio dovuta sovente ad un'instabilità articolare su lassità legamentare congenita o ad una posizione troppo angolata della superficie articolare del trapezio. Questa particolare situazione può essere considerata un fattore di rischio per un'artrosi precoce e dovrà quindi essere indagata e curata. Le terapie sono dapprima di carattere conservativo con antinfiammatori locali, crioterapia, ergonomia articolare e, se necessario, immobilizzazione. Se le terapie conservative non portano al successo sperato bisognerà pensare alle opzioni chirurgiche che portino alla stabilità dell'articolazione trapezio metacarpea Male dalla quarta decade in poi I dolori sono uguali come quelli della malattia in età giovanile descritti sopra. Con l'aggravarsi della malattia compare un gonfiore duro alla base del pollice ed è limitato il movimento. In alcuni casi, nei movimenti forzati e di torsione, il male può essere accompagnato da un crepitio articolare. Diagnosi La diagnosi è clinica, la gravità della patologia e l'estensione dell'artrosi, sono oggettivate e confermate dalle radiografie mirate sull'articolazione trapezio metacarpea. Queste ci mostrano il grado di distruzione articolare dell'articolazione TM ed il grado d'interessamento delle articolazioni vicine. Si possono quindi definire diversi stadi di degenerazione e, secondo lo stadio, si intraprendono le terapie adeguate. Stadi della rizoartrosi secondo Eaton Stadio I: non vi è ancora una degenerazione cartilaginea, a volte versamento. Stadio II: contorni articolari normali, spazio articolare ristretto, osteofiti di grandezza inferiore ai 2 mm. Stadio III: scomparsa della rima articolare, sclerosi dell'osso sottocondrale con degenerazioni cistiche, osteofiti più grandi che 2 mm. Stadio IV: come lo stadio III ma con compromissione anche della articolazione naviculo-trapezoidea. La radiografia sottostante ci presenta, nello stesso paziente, a destra l'articolazione trapezio metacarpea instabile ma con la cartilagine ancora intatta, a sinistra la degenerazione in artrosi.
Le metodiche sono fondamentalmente due: la fusione dell'osso trapezio con il primo metacarpo (artrodesi) o la rimozione del trapezio e la sua sostituzione con materiale biologico o con un'endoprotesi (artroplastica). Lo scopo dell'intervento chirurgico è quello di togliere il dolore, cosa che si raggiunge con entrambe le metodiche, di diverso e che con l'artrodesi si migliora la forza di presa e si riduce la mobilità del pollice mentre con l'artroplastica si migliora la mobilità e si riduce la forza di presa. La scelta dell'intervento da eseguire va fatta caso per caso, in base
alla gravità del quadro clinico, all'estensione dell'artrosi e
alle esigenze funzionali del paziente, e dovrà essere discussa
in ogni dettaglio tra l'ammalato ed il chirurgo. L'operazione viene eseguita in anestesia regionale (anestesia del plesso ascellare) oppure in narcosi. Dopo l'operazione viene applicata una stecca gessata per il pollice, polso ed avambraccio. Passati 12 giorni si tolgono i punti e si rimette un gesso per ulteriori 3 settimane. Passate almeno cinque settimane dall'intervento si inizia la mobilizzazione. Per due settimane il paziente farà dei movimenti attivi senza usare la forza e continuerà a portare un tutore nel periodo di riposo notturno. Passate le otto settimane se necessario s'inizierà con esercizi d'ergoterapia. La radiografia sottostante ci mostra un'endoprotesi in materiale sintetico
in loco, mentre la fotografia intraoperativa ci mostra una endoprotesi
biologica fatta con u tendine. Il recupero funzionale è lungo e per lavori più pesanti occorrono fino a 6 mesi prima che si può fare una valutazione. Generalmente il ripristino della funzionalità del pollice è ottimo fino a buono in circa il 90% degli interventi, per il 10% degli operati il risultato è discreto fino ad insufficiente.
Le principali possibili complicazioni sono quelle d'ogni intervento chirurgico (infezioni, ematoma, irritazione di nervi cutanei), oppure alterazioni nel processo di cicatrizzazione con formazione di cicatrici dure che in generale regrediscono con il tempo e le adeguate cure, oppure legate ai problemi della endoprotetica come lussazioni o rotture . Raramente, ma non da escludere, possono subentrare dei disturbi metabolici
locali nel periodo post chirurgico che richiedono intensa e prolungata
terapia (algodistrofia). |